Alfabetizzazione mediatica: perché dovrebbe interessarci

If students aren’t taught the language of sound and images, shouldn’t they be considered as illiterate as if they left college without being able to read and write?

George Lucas

Per chi se lo fosse perso, l’otto settembre 2019 è stato il “World Literacy Day”, un giorno scelto dalle Nazione Unite per celebrare l’alfabetizzazione e riflettere sulle ultime sfide che la riguardano. Fino a non molto tempo fa , pensando al concetto di alfabetizzazione, tutto quello che ci veniva in mente riguardava la capacità di scrivere, leggere e fare calcoli. Oggi, però, la prepotenza con cui internet, i social media e le fake news hanno fatto irruzione nella nostra vita quotidiana ci costringe a possedere un’ulteriore abilità di base: la cosiddetta media literacy o alfabetizzazione mediatica. 

Per media literacy si può intendere, in generale, la nostra capacità di interagire con i media e averne una comprensione critica. Capacità che, secondo quanto si legge sul sito dell’Unione Europea non è mai stata tanto importante quanto nelle società moderne. Infatti, l’alfabetizzazione mediatica permette ai cittadini di ogni età di orientarsi nel caotico mondo dell’informazione e di prendere decisioni consapevoli. L’alfabetizzazione mediatica si riferisce a tutti i media e tutti i canali di comunicazione, ma le sfide più interessanti riguardano sicuramente i nuovi media e il mondo dell’informazione online. Comprendere il mondo digitale e interagire con esso nel modo giusto significa riuscire a dare un senso  ai rapidissimi cambiamenti del nostro mondo e poter entrare a pieno titolo nel dibattito pubblico. 

Imparare non è mai facile

Tutto giusto. Quello che però non si considera abbastanza spesso in questo quadro è la difficoltà di approcciarsi a un mondo totalmente nuovo, virtuale, i cui codici restano sostanzialmente sconosciuti ai più. Quello che ci siamo dimenticati è quanto sia difficile imparare a leggere. Ce la prendiamo tanto con gli analfabeti funzionali, ma per chi non ha mai avuto a che fare con i media comprenderli è facile quanto lo è per un bambino scrivere un poema epico. Il vero problema, probabilmente, sta nel fatto che non ce ne rendiamo conto. Ci sembra tutto semplice e scontato e in men che non si dica ci ritroviamo intrappolati nella gabbia delle bufale e della disinformazione. L’alfabetizzazione mediatica ci serve tanto quanto ci è servito imparare a scrivere da piccoli (molto) e ci sembra utile tanto quanto da piccoli ci sembrava utile sederci davanti a un foglio per ore a tracciare delle linee tutte uguali (poco).

Un po’ di dati (non troppo rassicuranti)

Secondo uno studio condotto dall’OCSE nel 2019 sulle competenze digitali dei cittadini di 29 Paesi , l’Italia risulta il terzo Paese peggiore: solo il 21% della popolazione possiede un buon livello di alfabetizzazione. Peggio di noi solo Cile e Turchia. Addirittura il nostro paese risulta il peggior performer nella categoria “Individui che usano Internet in maniera complessa e diversificata”. Nello Skills Outlook Scoreboard si legge che “la popolazione italiana non possiede le competenze di base necessarie per prosperare in un mondo digitale, sia in società che sul posto di lavoro” e che gli italiani utilizzano le TIC (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione) molto meno intensamente rispetto agli altri paesi OCSE. Inoltre, nonostante molti lavoratori siano in occupazioni ad alto rischio di automazione ed avrebbero quindi bisogno di una formazione adeguata, “solo il 30% degli adulti ha ricevuto formazione negli ultimi 12 mesi, contro una media OCSE del 42%”. 

A preoccupare ulteriormente, oltre alla pessima performance italiana, si aggiunge il fatto che dei 29 Paesi analizzati soltanto sei (Belgio, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia) registrano ottimi risultati. L’alfabetizzazione mediatica si rende, quindi, sempre più necessaria nel momento storico che stiamo vivendo. I media sono la nostra unica finestra sul mondo e, in un mondo interconnesso come il nostro , farne a meno non è quasi mai un’opzione.