Il 26 maggio ci siamo svegliati e abbiamo scoperto che un uomo, negli Stati Uniti era morto.
Il 26 maggio, quando ci siamo svegliati, abbiamo scoperto che quell’uomo è morto perché nero negli Stati Uniti.
Il 26 maggio ci siamo svegliati e abbiamo scoperto che esiste qualcosa chiamato razzismo sistemico. Ma cos’è?
Il razzismo è quella cosa per cui una persona viene denigrata per il suo aspetto, per il suo modo di vestire o anche per il suo modo di parlare, ma non solo, ovviamente. Sistemico, bene o male, sappiamo inquadrarlo, riguarda la società nella sua interezza, nelle sue fondamenta.
Quindi, messe insieme, significano qualcosa tipo “discriminazione insita nella società”. Siamo soddisfatti della definizione? Non ancora. Con la discriminazione non si denigra solamente, ma si esclude. Quindi se discriminare vuol dire escludere, discriminazione sistemica potrebbe voler dire “esclusione dalla società”? Più o meno, non ci siamo ancora.
Discriminare, però, è fare violenza. Così come il razzismo è una forma di violenza.
E allora sarebbe opportuno parlare di violenza strutturale. Negli Stati Uniti come in Italia, in Spagna o in Francia o in qualsiasi società.
Il razzismo è molto più facile da vedere, perchè presuppone un atto che è immediatamente riconoscibile. La violenza strutturale sfugge alla comprensione, è dentro la società, invisibile, ma si può percepire. Si tratta di una violenza che non è necessariamente compiuta da un qualcuno, è storicamente data ed economicamente guidata, e si rivolge ai soggetti più marginali della società. Quegli stessi soggetti che proprio la società ha relegato ai margini. È difficile, sicuramente, “incastrare la biografia individuale nella più vasta matrice della cultura, della Storia, dell’economia politica”, ma deve essere fatto, perché ogni vita è parte di un sistema complesso, in cui le scelte di qualcuno influenzano quelle di un altro.
Ad esempio, su http://www.cronachediordinariorazzismo.org/il-razzismo-quotidiano c’è un database con gli episodi di razzismo. Molti degli episodi sono rivolti a persone in condizione di subalternità o marginalità. Ciò che è importante però è capire che le loro condizioni di subalternità e di marginalità sono state generate dalla società stessa: da un sistema economico che li tratta come nuovi schiavi; da un sistema politico che li considera un problema del quale non si deve fare carico; da una società che li mette all’ultimo posto tra le persone bisognose di aiuto.
E allora il razzismo è parte della violenza strutturale, l’omofobia ne è parte, la xenofobia ne è parte, le discriminazioni in generale ne fanno parte.
George Floyd è morto di razzismo, ma soprattutto di violenza strutturale. Soumayla Sacko è morto di xenofobia, ma soprattutto di violenza strutturale.
Ci siamo accorti del razzismo sistemico negli Stati Uniti il 26 maggio. Quando ci accorgeremo della violenza strutturale insita in ogni società?